Come dimostra l’immensa letteratura pedagogica, i benefici del nido d’infanzia sono numerosi.
I nostri servizi rivolti all’infanzia rispondono ai bisogni educativi e di crescita di bambini e bambine, nella convinzione che questi e queste rappresentano una componente fondamentale della nostra società. E insieme alle nostre educatrici, ogni giorno i piccoli e le piccole imparano nuove cose, costruiscono i primi legami, esprimono la loro creatività. Il nido aiuta il nascere e lo svilupparsi di competenze, capacità, sicurezze e autonomie in stretta collaborazione con le famiglie. Per questo è fondamentale offrire contesti educativi di qualità.
Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Manuela Gaspari, Responsabile dei Servizi Socio Educativi della Cooperativa Sociale Il Faro.
Il Faro mette al centro la persona e i suoi bisogni, tra cui quelli educativi. Quanto è importante che lo sviluppo e la formazione di bambini e bambine non sia compito esclusivo della scuola ma della collettività intera? Il dialogo e la cooperazione tra scuole, famiglie, organizzazioni sociali, realtà territoriali è vitale in vista del benessere e della crescita di tutti e tutte?
L’idea di nido che abbiamo si basa sul porre al centro i bisogni educativi e di sviluppo di bambini e bambine in maniera coordinata con le famiglie, le quali vengono supportate e coinvolte per raggiungere l’obiettivo comune: lo sviluppo armonico e il potenziamento delle abilità di ogni minore.
Tale obiettivo viene raggiunto attraverso modalità legate a una pedagogia attiva, partendo sempre da una progettualità condivisa con famiglie e amministrazioni comunali. A inizio anno, infatti, vengono presentati i progetti educativi che porteremo avanti, specificando quali sono gli obiettivi per ogni singola fascia d’età. All’interno di ogni progetto educativo, poi, sono previsti anche dei momenti di formazione con le famiglie, le quali hanno la possibilità di proporre il tema su cui vogliono essere maggiormente coinvolte.
In aggiunta a ciò, le coordinatrici pedagogiche dei nidi sono disponibili ad incontrare le famiglie in base alla richiesta che le stesse ne fanno o nei momenti organizzati per i colloqui individuali periodici. Attraverso il confronto, aggiornano i genitori sull’andamento delle tappe di sviluppo raggiunte o sull’eventuale necessità di interventi particolari a supporto per alcuni bambini e alcune bambine.
Quello che avviene, dunque, è un reciproco scambio tra la rilevazione dei bisogni che emergono dalla rete parentale, visto che spesso vi è il coinvolgimento anche dei nonni, e le competenze che noi possiamo fornire.
Inoltre, una costante dei nostri progetti, non solo per la fascia di età 0-3 ma per tutte le fasce d’età, è la partecipazione agli eventi che le varie realtà territoriali predispongono, in modo da poter condividere il lavoro quotidiano che svolgiamo e far conoscere i nostri servizi.
È importante lo scambio e la continuità con le realtà educative che ci circondano: cerchiamo quindi di valorizzare e mettere a disposizione il nostro lavoro anche strutturando attività inserite nei progetti continuità per il passaggio alla scuola dell’infanzia, condividendo le nostre griglie di osservazione con le insegnanti e accompagnando i nostri bambini e le nostre bambine nella visita e nella scoperta dei luoghi e delle persone della scuola.
Essendo tu stessa pedagogista, cosa ti porti dietro della tua esperienza, formazione e professionalità nel ruolo che hai ora?
Sicuramente la possibilità di poter supervisionare le 5 strutture della Cooperativa dedicate all’infanzia mi riempie di gratitudine e soddisfazione. Il mio percorso di studi è stato incentrato nel campo educativo, prima con la laurea triennale in scienze dell’educazione, poi con il proseguo con la laurea magistrale in pedagogia e infine con il master in pedagogia clinica. La formazione mi ha sempre stimolato a cercare nuovi obiettivi di crescita e sviluppo per i servizi e l’aver frequentato, poi, nel corso degli anni, i nidi d’infanzia come genitore e come responsabile dei servizi mi ha permesso di avere una visione a 360° di questo mondo. Una visione che viene alimentata dallo scambio costante con le coordinatrici pedagogiche e con le educatrici delle varie strutture.
Ultimamente abbiamo ottenuto la certificazione qualità dei servizi dell’infanzia: cosa rappresenta questo risultato per la nostra Cooperativa?
La certificazione qualità è stata un obiettivo che abbiamo voluto fortemente raggiungere per migliorare il servizio educativo che offriamo. Si tratta, infatti, di uno strumento ulteriore per sviluppare e mantenere attiva una modalità di gestione puntuale orientata ad alzare gli standard di qualità del servizio, ma anche per garantire l’impegno e la volontà professionale dell’intera cooperativa mirati al soddisfacimento del benessere dei bambini, delle bambine e delle famiglie coinvolte. Questo perché il nido è il luogo educativo dove vengono accolti i bambini, le bambine e le loro famiglie, per crescere insieme verso obiettivi di sviluppo condivisi.
Non si deve pensare che l’ottenimento di questa certificazione significhi però che vogliamo omologare i nidi: ogni nido mantiene le proprie peculiarità in base a quelli che sono i bisogni dei bambini e delle bambine. Possiamo ritenerci orgogliosi del lavoro fatto, soprattutto a seguito dell’ottimo riscontro da parte dell’ente certificatore durante l’ultimo controllo. Abbiamo ricevuto numerosi complimenti sulle attività che svolgiamo e delle quali non si sente molto parlare, come la pet therapy o la scuola per genitori.
Il miglioramento, però, è sempre possibile e ci mettiamo continuamente in gioco per raggiungerlo.
I nostri nidi hanno portato avanti numerosi progetti legati alla lettura e alla musica: quanto è importante integrare espressioni artistiche culturali all’interno di un progetto educativo?
Quello che cerchiamo di fare è declinare la nostra offerta educativa in base ai bisogni che emergono nei vari nidi. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo formato le educatrici sul Metodo Rusticucci al fine di utilizzare l’elemento musicale come canale comunicativo ed espressivo e approcciare bambini e bambine che magari hanno sensibilità diverse. Allo stesso modo sono stati fatti dei laboratori di psicomotricità nei nidi dove si è rilevata una maggiore urgenza di far sperimentare attività di natura corporea: la psicomotricità è importantissima soprattutto nella fascia d’età 0-3, perché aiuta a percepire e conoscere il proprio corpo, armonizzare il movimento e a migliorare il rapporto con i pari. La lettura è un ulteriore strumento che aumenta lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. Leggere ad alta voce ai bambini e alle bambine, sin dall’infanzia, è una pratica importante, e quotidianamente le nostre educatrici riservano del tempo significativo a questa attività aprendo le porte anche a “Nati per leggere”.
È fondamentale offrire strumenti alternativi a bambini e bambine per far emergere la loro unicità.
Quanto è importante il ruolo delle nostre educatrici e quali sono le principali difficoltà che possono riscontrare?
Le nostre educatrici sono innanzitutto professioniste che si prendono cura quotidianamente dei bambini e delle bambine e hanno una formazione specifica, in continuo aggiornamento, che permette loro di supportare al meglio i bambini e le bambine e accompagnare anche i genitori.
Non devono essere percepite come figure giudicanti, ma come professioniste di supporto che possono indirizzare meglio il percorso di crescita del bambino o della bambina verso obiettivi condivisi. Per questo è fondamentale il dialogo e la fiducia reciproca: se tali elementi vengono meno, il rapporto con i genitori potrebbe diventare più problematico.
Ma l’azione educativa delle educatrici riguarda anche gli spazi di vita dei bambini e delle bambine: hanno il compito di predisporre spazio, attività e situazioni che possano contribuire alla scoperta e al potenziamento delle loro autonomie e abilità.
Si tratta di un lavoro che richiede competenza, formazione continua, impegno mentale e fisico, perché viene svolto “ad altezza bambino”, a terra o in ginocchio per favorire l’instaurarsi della relazione e per stabilire il contatto visivo. Avendo in mano i primi anni di sviluppo del bambino o della bambina, dove avviene la strutturazione del sé, le educatrici del nido d’infanzia svolgono un ruolo fondamentale e la loro professionalità deve sempre legarsi all’ empatia e al credere nell’azione educativa che portano avanti.
Occupandoti della provincia di Fermo, quanto è importante disporre contesti educativi non autoreferenziali che adattino le loro scelte anche ai vari contesti territoriali? Non solo per quel che riguarda i nidi, ma anche le fasce d’età successive.
Tutti i nostri progetti sono calibrati sulla base dei bisogni effettivi che si manifestano all’interno di un territorio e per questo nella co-programmazione delle attività che dovranno essere svolte è importante la partecipazione di più stakeholders e quindi anche di famiglie, bambini, bambine e adolescenti.
Nel territorio fermano, negli ultimi anni, con l’area progettazione e sviluppo della cooperativa, ci siamo molto focalizzati sulla fascia adolescenziale, che è una fase di sviluppo in cui ragazzi e ragazze entrano in crisi e in conflitto spesso con se stessi, con le proprie famiglie e con il mondo circostante. Questo conflitto è fisiologico e, se vogliamo, necessario: quello che cerchiamo di fare è però fornire al territorio, ai genitori, ai ragazzi e alle ragazze nei nostri presidi educativi, gli strumenti per poter cercare di gestire meglio questa fase della loro vita, accompagnandoli alla scoperta di se stessi e delle opportunità che il territorio fornisce o può fornire loro.
I capisaldi dei progetti che stiamo portando avanti sono la capacità di ascolto, la comunicazione intergenerazionale, la formazione, l’orientamento e l’inserimento lavorativo. La sfida che quotidianamente portiamo avanti è quella di rilevare i bisogni emergenti e cercare di sviluppare l’empowerment della comunità. Creare sportelli di ascolto psicologico e pedagogico gratuiti, percorsi formativi rivolti a docenti, educatori, educatrici, genitori e adolescenti, strutturare attività di supporto al metodo di studio nei centri pomeridiani, proporre laboratori di riqualificazione di spazi urbani comuni sono alcuni esempi del nostro impegno nel territorio.
Da soli non si arriva da nessuna parte e, dunque, ci poniamo sempre l’obiettivo di lavorare in rete con tutte le risorse che l’intera comunità possiede, anche di coloro che non si occupano direttamente di educazione.
L’importante è non arrivare mai con proposte calate dall’alto, ma cercare sempre di coordinarsi con le politiche giovanili presenti nei vari territori, anche integrandosi e potenziando quanto di funzionante già c’è.
Ovviamente, un attore fondamentale, con il quale condividiamo attività e obiettivi, è rappresentato dalla scuola, essendo il contesto educativo maggiormente vissuto da ragazzi e ragazze. Quello che stiamo portando avanti è un lavoro comune in continuità tra scuola e luoghi aggregativi formali e informali, in modo da ottenere un’azione educativa coerente, efficace e impattante sulla società.
I disturbi del comportamento alimentare ci sono da sempre. Ma quello dei disturbi del comportamento alimentare tra i ragazzi e ragazze è un tema complesso che sta ricevendo sempre più attenzione, sia in ambito scientifico sia pedagogico, perché ha assunto la forma di un vero e proprio allarme sociale. Come stiamo affrontando questa tematica come Cooperativa?
Soprattutto a seguito del Covid-19 si sono manifestate con maggiore enfasi e forza numerose patologie riguardanti la salute mentale: ciò ci ha spinto ad aprire numerosi tavoli di confronto sul tema con le associazioni del territorio ma anche con l’Azienda Sanitaria Territoriale di Fermo. Abbiamo voluto incontrare la referente del Dipartimento dei Disturbi della Condotta Alimentare, perché sempre più spesso, nei laboratori condotti nelle scuole, ricorreva il tema dell’alimentazione e dei disturbi ad essa correlati. Gli specialisti e le specialiste ci hanno confermato che il problema inizia ad avere una ricaduta territoriale sempre maggiore e con il personale a disposizione faticano ad accogliere le numerosissime richieste di accesso al servizio
Ci siamo quindi messi in ascolto anche del bisogno riportato dall’ATS e abbiamo coinvolto circa 40 nostri operatori e nostre operatrici, tra educatori, educatrici, psicologi, psicologhe e assistenti sociali, in un percorso formativo per il quale il Dipartimento ha messo a disposizione i propri professionisti e le proprie professioniste per formare i nostri educatori e le nostre educatrici su questo tema specifico in modo da poter aumentare la sensibilizzazione e la presenza di un maggior numero di figure competenti a supporto di questa particolare urgenza.
Questo ha innescato un circolo virtuoso per il quale anche i pediatri e le pediatre hanno iniziato a contattarci per chiedere informazioni da condividere con le famiglie o con altri professionisti e professioniste per partecipare a percorsi formativi rispetto al tema dei DCA.
Non vogliamo dare una risposta approssimativa ad un bisogno così urgente: formare figure professionali con una formazione adeguata che possano fornire un sostegno concreto è quanto più ci interessa.
Un fattore importante, oltre la professionalità di coloro che si occupano delle varie esigenze specifiche, è il lavoro sulla prevenzione.
È per questo che abbiamo deciso di promuovere eventi di sensibilizzazione sul tema rivolti alle famiglie e alla comunità intera, con il supporto e la condivisione di molti enti pubblici, scuole e amministrazioni comunali. Stiamo lavorando anche ad un maggiore coinvolgimento delle associazioni sportive che operano nel territorio perché da sempre lo sport rappresenta uno strumento di promozione del benessere fisico e psicologico dei giovani e delle giovani.