Ritratto originale di un assistente domiciliare

assistente domiciliare
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Pensa a una foto di repertorio che ritrae un assistente domiciliare all’opera, di quelle che si trovano nelle gallerie online, che immortalano una simpatica vecchietta mentre fissa col suo sguardo tenerissimo la premurosa operatrice di turno. Riesci a visualizzare l’immagine?
Ecco, ora dimenticala! Perché il lavoro dell’assistente domiciliare non è esattamente così “patinato”.
Abbiamo chiesto a Maria Laura Iommi, Operatrice Socio Sanitaria per i servizi di assistenza domiciliare della Cooperativa IL FARO, di raccontarci una sua giornata tipo.
Ne è emersa una fotografia sicuramente più realistica di quelle che ci piace immaginare.

LA TESTIMONIANZA DI UN ASSISTENTE DOMICILIARE

 

Ciao Maria Laura, da quanto tempo lavori come OSS?
A breve celebrerò 20 anni di servizio

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Il lavoro di squadra, sia con i coordinatori che con le famiglie, vedere il sollievo che apporto alle famiglie degli utenti mi rende particolarmente felice.

Ti va di condividere qualche episodio che ha connotato piacevolmente tutti questi anni di servizio?
Ce ne sono davvero tanti. Per esempio ci sono alcuni pazienti che mi scrivono lettere d’amore, sono davvero dolcissimi e per non urtare i loro sentimenti rispondo sempre usando un certo tatto. È importante non bandire severamente simili atteggiamenti e usare le giuste parole, serve ad impedire che l’assistito si chiuda in sé stesso e magari opponga resistenza durante le successive cure domiciliari. Oppure c’era una ragazza allettata che una volta, di nascosto nella sua camera, ha dipinto un presepe per me, un acquerello che ovviamente ho incorniciato. Mi fa commuovere solo il pensiero che abbia escogitato un “disegno segreto” per farmi una sorpresa, un dono davvero prezioso. Un altro episodio molto gradito risale invece al periodo antecedente l’avvento delle chat e dei social, quando gli ospiti delle strutture sanitarie di lunga degenza e delle case di riposo avevano la possibilità di poter effettuare soltanto un paio di telefonate a settimana per sentire i propri cari, e molti dei pazienti che avevo in carico sceglievano di chiamare anche me, oltre ai parenti.

ASSISTENZA DOMICILIARE – L’altra faccia della medaglia

 

Qual è la cosa più difficile del tuo lavoro?
Sicuramente è un lavoro che comporta dei rischi e ti espone ad una fortissima pressione psicologica. Ho avuto due infortuni. Uno a seguito di un incidente sul posto di lavoro: si è sganciata la corda di sostegno del sollevatore meccanico, il carico si è sbilanciato e non ho potuto fare altro che cercare di afferrare il paziente per impedire che cadesse. Un altro infortunio invece si è verificato a causa di un’aggressione subita durante l’assistenza domiciliare per mano di un soggetto con problemi psichiatrici (forse il caso più complesso da trattare). Ho ricevuto tanta solidarietà dalle colleghe e molta comprensione da parte della coordinatrice.
Al di là di questi due eventi, ci sono altre difficoltà che scandiscono il regolare esercizio della professione, per esempio capita di gestire situazioni dove le condizioni di disagio vanno oltre le patologie e i disturbi fisico-mentali.

Spesso, infatti, a fare da contorno a queste situazioni, già drammatiche, ci sono anche degli stati di indigenza che purtroppo si riflettono sulle condizioni igieniche delle abitazioni stesse e ulteriori problematiche che affliggono le persone vicine al paziente. Quindi il supporto offerto, non si limita alla sola somministrazione dei farmaci, alla movimentazione degli allettati, alle medicazioni, deambulazione, etc. … La figura dell’OSS si investe inevitabilmente di un ruolo forse più importante, che è quello del supporto psicologico, una parola e una carezza possono dare molto conforto, la presenza umana con il suo ESSERCI può rompere (anche se temporaneamente) l’isolamento cui spesso queste persone sono costrette per ovvie tristi circostanze.

Maria Laura

Sei soddisfatta di aver scelto questa professione oppure avresti desiderato fare altro nella vita?
No, non cambierei mai, nonostante abbia avuto diverse occasioni per poter imboccare strade diverse.
Nello specifico, la cosa che mi piace di più è l’approccio adottato dalla Cooperativa IL FARO, mi è capitato di collaborare con altre cooperative, e devo essere sincera, non ho mai riscontrato un servizio a 360° come quello offerto da IL FARO. Sì, perché non ci si limita alla soddisfazione delle esigenze puramente fisiche dell’assistito, ma c’è uno sguardo di insieme attento a tutti i bisogni. Per ogni famiglia si cerca di capire quali siano le migliori modalità di intervento, ad esempio offrendo ascolto, tempo di conversazione, banalmente lavando i piatti o dando da mangiare ai gatti, l’obiettivo è sempre fare il bene migliore per l’utente. In altre cooperative, spesso, difronte al primo problema si molla e ci si tira indietro, in questo ambiente invece c’è una presa in carico responsabile dell’utente, senza scorciatoie per risparmiarsi le situazioni più disagevoli

I TRUCCHI DEL MESTIERE

 

Quale consiglio daresti a chi vuole intraprendere questa professione?
Bisogna imparare a separare il lavoro dalla vita privata, anche se a volte è difficile staccare del tutto. L’importante è non porsi obiettivi irraggiungibili, io personalmente preferisco procedere a piccoli passi. Inoltre è indispensabile sapersi calare nel vissuto degli utenti per capire determinati atteggiamenti senza giudicare a priori.

(ndr. Gli occhi di Maria Laura hanno “brillato” per tutto il tempo dell’intervista … è stato difficile non commuoversi.)

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